CONSIDERAZIONI su una VISITA di alcune SPA/Le evidenze negative

COMMENTI di ANNA LONGONI

In questo articolo vogliamo presentare un breve elenco di quello che non bisogna fare nella fase di progettazione di una Spa. Si tratta di una brevissima carrellata di esempi basati sull’esperienza concreta di chi in tante Spa ci è stato ma ci ha anche lavorato, e ha visto (e patito) in prima persona gli orrori di progetto o di concetto che abbondano nei nostrani centri dedicati al Benessere.

  • Una Spa non deve essere soltanto bella.

Fare una Spa bella è relativamente facile. Ammettiamolo. E se ragioniamo nell’ottica di creare un centro che sia davvero unico, non è questo il concetto su cui si dovrà insistere, perché di fronte all’ormai vasta offerta di Spa oggettivamente belle, bisogna inevitabilmente arrivare alla conclusione che il cliente, per scegliere che centro frequentare, si baserà su altro: la qualità, il servizio e il personale.

Quelle che seguono potrebbero sembrarvi delle osservazioni banali, ma se pensate che sono esempi tratti dalla realtà potrete facilmente capire che molto più spesso di quanto si creda perseguire il bello nell’architettura della Spa porta a trascurare alcuni aspetti fondamentali per il business e a commettere errori macroscopici a cui è difficile porre rimedio una volta che il centro è avviato.

  • Non devono essere inseriti elementi di rischio in Spa.

Posto che una Spa è un ambiente per una clientela in salute e che quindi i danni derivanti da un – corretto – utilizzo degli impianti dovrebbero essere ridotti pressoché al minimo, spesso i rischi sono presenti proprio nel progetto, e minano alla base una delle sensazioni che l’ambiente Spa dovrebbe trasmettere: la sensazione di stare in un ambiente sicuro.

Ho lavorato in una Spa – bellissima – che però aveva tutti i pavimenti dei corridoi e della Reception in marmo lucido. Peccato che la gente su questo marmo camminasse con le ciabatte dopo essere entrata e uscita dalla piscina e dall’idromassaggio. Ci è andata bene per un po’ finché un giorno una delle nostre terapiste, mentre superava il bancone della Reception, è scivolata in malo modo e si è fatta male al fianco. Che spavento! Non si è rotta nulla per fortuna, ma le è rimasto comunque un enorme livido nero sulla coscia per quasi un mese. Subito dopo essere caduta, il dolore era talmente forte che non riusciva nemmeno a camminare; e oltre a questo abbiamo anche dovuto arrecare un disagio ai clienti a cui erano già stati fissati gli appuntamenti e modificare l’agenda per quel pomeriggio per permettere alla poverina di andare a farsi visitare al Pronto soccorso.

Ovviamente il tutto era accaduto davanti agli ospiti che sostavano nel salottino d’attesa prima dei trattamenti, che erano stati disturbati nel loro momento di relax dal trambusto che era seguito a quell’incidente.

Certo, può sempre capitare di cadere. Ovunque. Ma minimizzare il rischio scegliendo materiali che permettano un attrito maggiore, soprattutto nelle zone umide, può sicuramente essere un punto a favore per mantenere l’idea di comfort e sicurezza che deve regnare in ogni Spa.

Non oso immaginare cosa sarebbe successo se a cadere non fosse stata una nostra terapista ma un cliente!

  • Non si scende a compromessi con la pulizia.

Nella fase di progettazione di una Spa, vi siete mai fermati a pensare che una Spa bella deve anche rimanere bella? E come può essere una Spa considerata bella se non è in primo luogo pulita? E non mi sto riferendo soltanto alla sterilizzazione delle attrezzature necessarie per i trattamenti, ma sto parlando proprio della pulizia di routine. Quella che si fa anche a casa, per intenderci.

Se un altro obiettivo che dovete porvi è quello di dare ai vostri clienti la sensazione di entrare in un Paradiso, rifletteteci: voi il Paradiso ve lo immaginate sporco?

Chi nella sua carriera lavorativa si è trovato come me ad avere a che fare col personale addetto alle pulizie, sa che molto spesso quest’ultimo (a meno che non abbia qualcuno che gli stia col fiato sul collo finché non ha portato a termine il suo incarico), cerca di finire il compito assegnatogli nel minor tempo possibile senza soffermarsi più di tanto sul lavoro di fino (per esempio, l’area sotto il lettino: ci avete mai pensato che i clienti quando sono proni hanno lo sguardo rivolto proprio lì?).

Ovviamente è necessario esercitare continuamente un controllo e una supervisione sul lavoro di tutti gli operatori, ma è anche vero che si può cercare di tamponare questi inconvenienti proprio in fase di progettazione, ad esempio prevedendo una struttura molto lineare per gli arredi della cabina, per ridurre i tempi di pulizia. Non aiutate il vostro personale se mettete il lavandino su una parete e lo scaffale per riporre gli attrezzi sulla parete opposta. La pulizia non sarà accurata e il tempo di rifacimento aumenterà, e aumenterà anche il rischio di pericolosi ritardi nel susseguirsi degli appuntamenti, cosa che vorrete sicuramente evitare se avete l’agenda piena, come vi auguro.

Ma tornando al nostro intento di fare esempi su quello che ho vissuto, ecco un aneddoto che mi torna sempre in mente quando si parla di Spa e architettura che ne facilita la pulizia.

Qualche anno fa ho avuto l’opportunità di lavorare in un Resort di lusso, costruito sulle rive di un lago.

Il primo giorno di lavoro, come di consuetudine, la Prima Governante fa la padrona di casa e mi accompagna a fare un primo giro di visita. Dopo un lungo peregrinare arriviamo finalmente alla Spa, stupenda. Ma in tutta quella bellezza, noto purtroppo quasi subito qualcosa che non va.

Superata l’area delle cabine ci avviamo verso l’area umida, ma per raggiungerla si deve percorrere una passerella che porta all’area relax.

Che bella, l’area relax.

Due file di lettini su un pavimento di vetro sospeso sull’acqua del lago, con un bel gioco di luci e vista sulle onde. Degli enormi quadrati di vetro uniti e sorretti da una griglia di metallo, fissata al di sotto del pavimento, dal lato dell’acqua. Sicuramente era costato parecchio.

Mi avvicino per guardare meglio e noto come dei bozzoli di seta agli angoli dei riquadri del pavimento, al di sotto del vetro, ancorati alla griglia di metallo. Non riesco a capire cosa siano.

La signora che mi accompagna nota la mia curiosità e mi libera dal dubbio, con estrema nonchalance, con un acuto: “Quelli sono nidi di ragno!”.

Probabilmente non ho capito bene. Sono veramente grandi, partono dagli angoli e vanno verso il centro delle piastrelle, tra qualche mese non si vedrà più il lago sotto, penso.

Ripeto, inespressiva: “Nidi di ragno”.

Col suo buffo accento toscano la mia accompagnatrice precisa: “Eh sì, con tutto quell’umido e in quella posizione, per loro è una festa!”.

Non riesco a trattenermi e prima di accorgermene me ne esco con un: “E non si possono togliere?!”. Sotto i miei piedi una macchia nera si muove su uno dei fagotti bianchi.

La risposta che ottengo, serafica, emessa tutto d’un fiato, suona pressappoco così: “Mah, ci abbiamo provato l’altr’anno, in chiusura (era un resort ad apertura stagionale). Abbiamo mandato giù il ragazzo (un facchino) in acqua, perché da sopra non ci sono botole per scendere, ma è tornato su con le labbra blu perché faceva troppo freddo. E comunque lì l’acqua è troppo profonda e non si tocca, e lui non riusciva a fare forza per pulire. Quindi niente.”.

Quindi niente.

Ho appena il tempo di decodificare il significato delle ultime due parole quando sento il rumore dei tacchi della signora che si allontanano. Riprendo la passerella per seguirla ma appena mi giro noto un altro orrore infinito.

Una grotta, con le pareti di roccia viva, piena zeppa di ragnatele che si intersecano da una nicchia all’altra e, ai piedi di questa grotta, una piccola imbarcazione in stile tipico di quel lago, ormeggiata su un approdo pieno di foglie, rami e sporcizia portati dalle onde. Sembra la tipica casa dei fantasmi dei parchi divertimento per i bambini.

Scopro che anche quel punto non si raggiunge dall’interno, ma soltanto dal lago e quindi non si riesce a pulire e spazzare. Fa troppo freddo per andarci durante la chiusura invernale, e comunque non siamo attrezzati. Durante il periodo di apertura invece è troppo buio per scendere di sera, di giorno ci sono i clienti, che non vanno disturbati, e comunque siamo sotto personale e ci sono cose più importanti da fare. Chiamare una ditta esterna di specialisti costa troppo.

Quindi niente.

Una bella idea per una bella Spa si trasforma in un orrore. Con i ragni che possono fare festa.

Mi rendo conto che sono rimasta impietrita a fissare il sentiero dei nidi di ragno – se mi è concessa la citazione.

L’accento toscano alle mie spalle non se ne è accorto e scambia il mio disgusto per meraviglia: “Bello vero?”.

Non oso rispondere altro se non uno sconcertato: “Bellissimo”.

  • Non bisogna fare passare l’idea che la propria Spa non sia un ambiente curato.

Per far sì che la nostra Spa continui a dare l’idea di essere bella, sicura e pulita è necessario che sia l’idea di essere anche curata. Mi è capitato di visitare una Spa dove si era fatta una scelta di design forse già discutibile in partenza, perché i muri dell’area bagnata erano stati verniciati di un rosso scuro, il che contribuiva a dare un’idea di oppressione alla sala, data dalla mancanza di luce naturale (era al piano interrato) e all’umidità intrinseca dell’ambiente.

La cosa ancora più grave è che, stando seduta su una delle panche dell’idromassaggio, mi sono accorta che dal muro proprio davanti a me, in alto, iniziava a staccarsi l’intonaco. Forse l’impianto di aerazione non funzionava bene o forse al piano superiore c’era stata una perdita, fatto sta che negli angoli si iniziava a vedere anche un po’ di muffa.

Ovviamente l’idea di stare rinchiusa a respirare spore non mi allettava, per cui mi sono spostata in un’altra sala, quella del pediluvio e del percorso vascolare. Appena entrata noto che il corrimano che divideva le vasche di acqua calda e fredda era completamente divelto, uno dei paletti di sostegno era quasi caduto e la barra superiore a cui ci si sarebbe dovuti appoggiare puntava pericolosamente verso l’ingresso da un’estremità, con il taglio vivo dell’acciaio. Sarebbe bastato un niente perché qualcuno si facesse seriamente male.

Sono stata 3 ore nel percorso benessere, prima di salire a fare il mio trattamento in cabina, e in 3 ore non è passato nessuno degli operatori che si accorgesse del guasto e cercasse di risolverlo o almeno di contenere il pericolo per gli ospiti.

Qualche mese dopo una mia conoscente è tornata in quella Spa e mi ha riferito che il corrimano era stato sistemato ma l’intonaco sopra l’idromassaggio e la sua compagna muffa erano sempre al loro posto.

Va da sé che né io né lei consigliamo una visita a quella Spa.

Potrete anche obiettare che non è per un po’ di intonaco staccato che i clienti smettono di frequentare una Spa. Vero. Forse all’inizio. Perché se già tornano una seconda e una terza volta e il problema si ripresenta (o peggiora) o si aggiungono altri inconvenienti simili (le ragnatele, il corrimano rotto, …), alla lunga cominceranno a venire il meno possibile e ad abbandonarvi per un nuovo concorrente che offre un ambiente impeccabile. Non so su quanti articoli ho letto, o a quanti seminari ho sentito ripetere che di fronte al dilagare delle aperture di nuove Spa l’unico modo per emergere è rifuggire dalla quantità per puntare tutto sulla qualità. E nonostante questo entro ancora in Spa con muri macchiati dalle perdite che non sono mai stati riverniciati, o con i lettini per il relax sporchi o rotti. Ancora non capisco il perché.

Mi piace tantissimo accostare la Spa a un teatro, perché credo che sia il paragone perfetto per rendere al meglio l’idea dell’obiettivo da raggiungere quando si progetta un centro.

Quello che è visibile al pubblico di un teatro sarà forse il 40% dell’intera struttura (lasciando perdere gli spettacoli d’avanguardia). Noi vediamo il prodotto finito con gli attori in scena, vestiti, truccati e impostati che recitano il copione ma non vediamo microfonisti, macchinisti, sarti, parrucchieri, truccatori, fonici, registi, camerini, quinte, impalcature, scale, scenografie, macchinari… però ci sono. E la loro presenza e il loro buon funzionamento è essenziale per la buona riuscita dello spettacolo. Senza, non si va in scena.

Lo stesso deve essere in una Spa. Non si deve vedere l’enorme lavoro di pianificazione e preparazione che sta dietro le quinte, ma solo il prodotto finito che è la famigerata oasi di benessere per il cliente.

E come si fa? Si gestiscono i flussi e i percorsi.

  • Non deve essere visibile il percorso delle merci.

Il primo flusso da gestire è quello delle merci, che per continuare col nostro paragone scenico possiamo accostare ai macchinari.

Cominciamo con i prodotti. Quando il fattorino ci consegna i prodotti non arrivano mai già pronti per l’esposizione. Arrivano dentro scatole e scatoloni. Ed è bello secondo voi che un cliente vi veda mentre aprite gli scatoloni, spuntate i prodotti e li sistemate nel magazzino? Ci avete pensato mentre progettavate l’area retail? Io ho lavorato in una Spa dove era inevitabile appoggiare i cartoni per terra per sistemare i prodotti nella vetrina dell’area vendite. Non c’era un appoggio, non c’era un’area separata in cui smistare il materiale, non avevamo nemmeno dei cestini o delle borse in cui preparare le creme prima di sistemarle. Cercavamo di fare il più in fretta possibile ma credetemi, non c’era altro modo. Ma anche se un altro modo ci fosse stato saremmo comunque state in mezzo al passaggio che i clienti percorrevano per andare dagli spogliatoi alla piscina, per cui con le vetrine aperte li costringevamo a fare un altro giro e a passare dietro il bancone della Reception. E a continuare ad aprire e chiudere le vetrine quando squillava il telefono o arrivava il cliente ci mettevamo il doppio del tempo a finire il lavoro.

Allo stesso modo ci si deve comportare con la biancheria. Sono stata di recente in una Spa dove i carrelli della biancheria sporca erano in piena vista appoggiati alle pareti e, di quando in quando, il personale arrivava con i sacchi pieni di teli e accappatoi da lavare e li lanciava – letteralmente – in queste gabbie di ferro, che sarebbero state pronte, l’indomani mattina, per il ritiro da parte della lavanderia esterna. Vi assicuro che non era uno spettacolo piacevole da vedere mentre mi rilassavo nell’idromassaggio.

Nel discorso delle merci possiamo far rientrare anche quello delle manutenzioni. I locali tecnici devono essere facilmente accessibili dall’esterno, o comunque non devono assolutamente costringere il personale di manutenzione a lavorare in mezzo ai clienti. Un esempio per tutti: ho lavorato in una Spa dove l’impianto di diffusione degli aromi era stato posizionato di fianco al bancone della Reception. Per cui, ogni qual volta era necessario un intervento, o anche solo un refill della profumazione, il tecnico che lavorava per la ditta che aveva installato l’impianto era costretto a passare, con le scarpe antinfortunistiche, i pantaloni pieni di tasche e il carrello degli attrezzi in mezzo ai clienti che aspettavano in ciabatte e accappatoio di essere chiamati per il trattamento (oltretutto la zona d’attesa era anche piccola); apriva il pannello, sistemava tutti i suoi attrezzi sul nostro bancone e faceva il suo lavoro. Vi lascio immaginare gli sguardi dei clienti che se lo vedevano passare davanti. Senza contare che, subito dopo aver ripristinato l’aroma ai giusti livelli, per i primi minuti il profumo in Reception era inevitabilmente forte, talmente forte da far venire il mal di testa.

Ci avevate pensato durante la fase di space planning?

  • Non deve essere visibile il percorso del personale.

Torniamo al nostro parallelo con il teatro. In scena vedete forse gli attori mentre si truccano o si cambiano? E allora perché dovremmo vedere il personale in borghese, prima o dopo aver finito il turno? Ho lavorato in una Spa dove era sì presente un ingresso riservato al personale, ma per raggiungere lo spogliatoio i terapisti erano costretti a passare – ancora senza divisa – attraverso il bar e la zona del ricevimento con scarpe, borse e ombrelli in mezzo ai clienti in accappatoio. Poi si cambiavano e ricomparivano in divisa. Non era un bel vedere. Soprattutto perché spesso, per deformazione professionale, i terapisti salutavano i clienti dopo essere entrati in Spa, e non sapete quante volte ho sentito gli ospiti commentare, guardandosi l’un l’altro dubbiosi: “Ma questo chi è?”. Non devono esserci momenti in cui il personale non sia facilmente riconoscibile dai clienti in quanto tale.

Altro punto su cui non smetterò mai di insistere è che il personale non deve essere visibile mentre sistema la cabina. Vi è mai capitato, mentre il terapista vi accompagna nella sala del trattamento, di scorgerne un altro mentre lava le attrezzature o butta la biancheria sporca per terra prima di metterla a lavare? A me è capitato un sacco di volte. E non vi dà l’idea di un gesto sporco? Perché è vero che poi la biancheria viene lavata e disinfettata ad alte temperature, ma voi comunque l’avete vista mentre veniva buttata per terra. Immaginate se, durante uno spettacolo, ci fosse un attore che recita un monologo, e a un certo punto entrasse la donna delle pulizie e si mettesse a lavare il pavimento perché “tra poco questo spazio serve a un altro attore e deve trovare il pavimento pulito!”. Se stessero mettendo in scena una tragedia si trasformerebbe in un secondo in uno sketch da cabaret!

Restando in tema di pulizie, ho lavorato in una Spa dove non erano stati pensati dei percorsi riservati allo staff, per cui il personale addetto alle pulizie era costretto a passare in mezzo ai clienti con il carrello della biancheria, con l’inevitabile rumore del caso, e fare tutto il giro della Spa per arrivare al magazzino e agli ascensori che portavano in lavanderia. Non era il massimo vederli passare nei corridoi con la scopa in mano o i sacchi della spazzatura pieni. Ma anche in questo caso, ormai la struttura era stata realizzata così e si poteva fare ben poco.

  • I clienti non devono restare intrappolati in un labirinto.

E infine i percorsi che deve percorrere il nostro pubblico! L’unico, vero motivo per cui andiamo in scena ogni giorno.

Una delle ultime Spa in cui ho lavorato era stata realizzata in una prestigiosa villa d’epoca che nel tempo era stata trasformata in un hotel di lusso. Il centro benessere era stato aggiunto solo in tempi recenti, decenni dopo l’apertura dell’albergo. Per raggiungerci i clienti dovevano salire le due rampe di scale che partivano dall’ingresso, percorrere il lungo corridoio rivestito di moquette del primo piano, svoltare a sinistra, poi di nuovo a sinistra, e ancora avanti per una ventina di metri. La Reception della Spa, che peraltro non era neanche segnalata con dei cartelli sul muro, era posizionata in una rientranza, e di conseguenza i clienti, seguendo il tracciato della moquette, dovevano percorrere ancora parecchie curve prima di rendersi conto che qualcosa non andava e tornare indietro per scorgerci, finalmente, in una nicchia del corridoio nascoste dietro un bancone di dimensioni titaniche. Per non parlare dei poveretti che magari non dovevano nemmeno venire in Spa ma, perché distratti o sovrappensiero, sbagliavano direzione a un incrocio e si ritrovavano senza accorgersene nel corridoio delle cabine.

A questo si aggiunga il fatto che gli spogliatoi non erano vicini alla Reception, ma nella zona dello Sporting Club per cui, se gli ospiti volevano cambiarsi prima del trattamento, partendo dalla Reception dovevano: tornare nel corridoio con la moquette, girare a sinistra, percorrere un’altra trentina di metri e superare almeno una dozzina di camere, svoltare a destra per ritrovarsi in un lungo corridoio buio, tutto d’un tratto senza moquette, illuminato solo da torce elettriche a parete, e sbucare finalmente al Ricevimento della zona fitness. Posto che non si perdessero all’altezza del campo da squash. Una volta in accappatoio, dovevano rifare tutto il percorso. Vi dico solo che quando un cliente partiva dalla nostra Reception per raggiungere gli spogliatoi (e viceversa), ci telefonavamo a vicenda con i colleghi dello Sporting Club per verificare che raggiungesse la meta in tempi ragionevoli, ed eventualmente andare a recuperarlo qualora avesse mancato una curva.

Ma l’ho visto anche in un’altra Spa, di nuovissima costruzione, dove si era pensato bene a un certo punto di sdoppiare il corridoio, senza dare indicazioni sulla direzione da prendere. Non sapete quante volte i nostri terapisti, uscendo dalla cabina dopo aver finito un trattamento, si sono trovati di fronte clienti con cappotto e cappello in mano che si guardavano intorno con aria interrogativa nel vano tentativo di trovare l’uscita, intrappolati nel corridoio dell’area trattamenti.

Detto questo farei un’altra precisazione: è vero che la Reception e gli spogliatoi non sono aree a rendimento diretto (cioè non sono ambienti che generano un incasso) ma questo non significa che debbano essere trascurati o addirittura non contemplati!

Immaginate di dover assistere a uno spettacolo in un teatro con un ingresso minuscolo e corridoi stretti, con la folla che si accalca per entrare e che si fa fatica a smaltire, con le maschere che a mala pena riescono a farsi largo tra la gente! Per non parlare del guardaroba, sovraccarico, che alla fine si vede costretto a chiedere ai clienti di tenere i cappotti sulle poltrone. Stessa scena all’uscita, con la differenza che adesso, al flusso dei clienti che escono dopo la fine dello spettacolo, si aggiunge quello del flusso dei clienti che entrano per lo spettacolo successivo!

E non dimentichiamo che chi va a teatro di solito ha già pagato il biglietto mentre chi va in Spa di solito salda il conto all’uscita. È un attimo che accada che di fronte a una situazione del genere i nostri clienti facciano dietro front!

Io sono stata di recente in una Spa in cui gli spogliatoi non erano piccoli o stretti. Non c’erano proprio. Erano semplicemente state posizionate quattro panche nella zona di passaggio tra l’area umida e l’area trattamenti ed erano state chiuse con dei pannelli di legno. Con il risultato che chi stava in idromassaggio vedeva la gente che si cambiava e chi voleva raggiungere la zona in cui era posizionato il bagno turco doveva farsi largo tra chi stava in bilico su una gamba mentre si infilava le ciabatte e chi era accovacciato per aprire o chiudere l’armadietto. Va da sé che i clienti in area relax erano disturbati dal rumore degli asciugacapelli e dalle risate delle donne che si truccavano, prima di uscire.

Il caso ha voluto che io sia entrata in quella Spa proprio nel momento in cui stava uscendo un gruppo di 30 persone che l’aveva riservata nelle ore precedenti al mio arrivo, e che all’uscita sia rimasta bloccata alla Reception perché l’ingresso era intasato da un gruppo di 10 amiche che entravano in piscina per festeggiare un compleanno. Non c’era un divanetto dove sostare e non c’era modo di raggiungere l’uscita. Mi sono dovuta appiattire contro il muro per permettere alle amiche di entrare, e solo dopo che erano passate ho potuto aprire la porta per andarmene. In conclusione sono entrata nervosa e sono uscita nevrastenica. Inutile dire che in quella Spa non ci tornerò mai più.

E da ultimo, vorrei concludere con un’accorata preghiera: fate in modo che i dipendenti non debbano usare lo stesso bagno dei clienti… non potete immaginare l’imbarazzo!

ANNA LONGONI

SPA CONSULTANT

Fa parte del Gruppo di Esperti Collabotarori di SPA INDUSTRY

 

 

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